sabato 7 novembre 2015

Da bambino ferito ad adulto




Oggi ho assistito ad un'interessante convegno con un intervento illuminante. Il convegno era organizzato da Nuove Arti Terapie e aveva per titolo: "Arteterapia: Conoscenza di sé tra percezione ed espressione". L'intervento, di Camilla Urso, "Esilio. Genealogia della madre" è stato introdotto con questi suoi bei versi: 

Che sia a volte necessario un esilio per far nascere una madre?
Non lo so. Non è una risposta quello che cerco ma un posto
al dolore di questa domanda.
Lo trovo forse qui quel posto.
In questo pezzo di terra
scampato alla furia della fragilità materna.
In questo tempo che non consente più di precipitarsi a rammendare gli strappi.
Ma solo di stare tra le macerie e concedersi di Attendere.
(Camilla Urso)

Parafrasando Camilla, che sia necessario un viaggio per far nascere un adulto? 
E' strano, ma la prima cosa che mi viene in mente è che per fare un viaggio serve una guida. La seconda è che non c'è adulto senza bambino. Che il bambino è più vecchio dell'adulto, pur essendo più giovane. E si sa, i vecchi possono essere saggi. Allora, c'è da mettere da parte un po' dell'arroganza dei grandi per ascoltare ciò che hanno da dire i bambini? Certo, se i bambini sono abituati ad essere ascoltati parlano, ma se trovano muri al posto di orecchie si chiudono e finiscono in luoghi oscuri, bui da cui si vedono solo le loro ombre e si odono solo i loro echi. Allora, io penso, bisogna che l'adulto faccia un viaggio per andare alla ricerca del bambino che magari si è nascosto dietro un mobile antico di una cantina buia dell'anima. 
Camilla parlava del fatto che quando si è madri si provano tante cose, dalla gioia al dolore, dall'entusiasmo all'angoscia, dalla speranza alla disperazione ma che solo una parte di questo ventaglio di emozioni può essere raccontata facilmente, quella che tranquillizza con i suoi stereotipi (istinto materno, la bellezza della maternità, la gioia della nascita..). Anche sui bambini ci sono tanti stereotipi. Quando ero piccolo io spesso sentivo i grandi dire che "i bambini non hanno pensieri", "i bambini sono innocenti" e cose ti questo tipo. Io penso che naturalmente pure i bambini spesso sperimentino angoscia, disperazione, paura e che abbiano tanta difficoltà a trovare orecchie che ascoltino. E l'adulto che è in noi, è disposto ad ascoltare il lamento doloroso del bambino che si porta nell'anima? Fare il viaggio, chiamarlo con delicatezza per farlo uscire e finalmente ascoltarlo, guardarlo, comprenderlo? 

E' questo che significa diventare adulti?  
MM

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