giovedì 13 febbraio 2014

La società dell'immagine




L'altro giorno a cena in pizzeria ho assistito a questo dialogo tra un ragazzo di 35 anni e uno di 14 anni. Il primo era nell'atteggiamento di chi, avendone passate tante, vuole insegnare qualcosa:

13enne: "io non ci voglio andare al catechismo"
35enne: "perchè?"
13enne: "perchè non credo in Dio"
35enne: "nemmeno io, però, sai, poi magari le persone pensano male di te. Ti fai una cattiva reputazione. Tutti ci vanno e lui non ci va. Sai viviamo in una società cattolica, in cui tutti vanno in chiesa."
13enne: "ma a me non piace. Non ci voglio andare"
35enne: "ma tanto quello che vuoi cambia. che te frega".

Mi ha molto colpito questo dialogo perché il più giovane dei due sembrava avere le idee chiare su ciò che volesse o non volesse. Il 35enne esprime bene, secondo me, l'importanza che si dà all'adattamento alla società, all'adesione a dei modelli, anche quando questi non sono interamente condivisi.
Io credo nelle relazioni umane, ma non credo che per avere dei rapporti sociali la migliore alternativa sia l'adesione a modelli, la partecipazione ad immagini collettive che tranquillizzano ma, secondo me, svuotano. L'immagine che deve avere un 13enne, secondo il 35enne, è quella di essere come gli altri suoi coetanei, magari un po' ribelli ma sempre e comunque inseriti in una cornice sociale  "accettata".
Io credo ad una alternativa più rischiosa per avere rapporti umani ma molto probabilmente più ricca. Io credo che una polarità opposta all'immagine sociale sia il contatto umano. Contatto vuol dire che la pelle di uno tocca la pelle dell'altro. Che due corpi e due si incontrano e si parlano come un io e come un tu. Nel contatto c'è spazio per entrambi. Nell'immagine c'è spazio per un esso e la conseguenza è la messa in scena di copioni già visti.
L'iperadattamento all'immagine porta alla nevrosi, il contatto porta all'intimità.  Il contatto in genere apre a scoperte, forse anche disagio, genera emozioni, scatena il potere creativo del nuovo. Il contatto scotta, l'immagine rassicura. Il contatto apre la possibilità di incontrare se stessi, l'immagine la chiude.


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