venerdì 21 febbraio 2014

L'insostenibile la leggerezza della libertà




Se hai intenzione di tentare, fallo fino in fondo.
Ciò potrebbe significare perdere fidanzate, mogli, parenti, impieghi
e forse la tua mente.
Fallo fino in fondo.
Potrebbe significare non mangiare per 3 o 4 giorni.
Potrebbe significare gelare su una panchina del parco.
Potrebbe significare prigione,
Potrebbe significare derisione, scherno, isolamento.
L’isolamento è il regalo, le altre sono una prova della tua resistenza

 C. Bukowski 


Stamattina il buongiorno è arrivato con questa poesia. Mi è piaciuto e ho riflettuto. Ho ripensato ad un film che consiglio a tutti "Waking life" che parla dell'Esistenzialismo. Di questa corrente filosofica mi piace il concetto della Responsabilità. Spesso questo termine è confuso con la colpa. Ma la colpa è un'altra cosa. Il senso di responsabilità ha a che fare con la scelta e le sue conseguenze; il senso di colpa ha che fare con una "legge morale" e il "giudizio". Nella logica della colpa c'è un colpevole e un innocente. Nella responsabilità non c'è innocenza. Tutte le scelte hanno un peso, un prezzo e delle conseguenze.


La responsabilità porta con sé il peso e la leggerezza della libertà. La respons-abilità è l'abilità a rispondere alle ondate della vita. La libertà non sta, secondo questa concezione, nello stare in un posto senza vincoli e senza limiti. La libertà sta nell'intima disponibilità che si conferisce a se stessi di poter scegliere. La libertà è sapere di poter scegliere e farlo. Scegliere di rischiare quello che non ho mai rischiato, scegliere di fare ancora le stesse cose, scegliere di rimanere ancora indeciso e confuso, scegliere di rimandare la scelta, scegliere di far scegliere a qualcun altro, persino scegliere di non scegliere. Ma come dice Sartre "l'unica cosa possibile è non scegliere". Ho un brivido. La scelta mi fa vibrare di eccitazione e paura, può riempire e fare "impazzire". Sostenere la pazzia della scelta è l'unico modo per riempire la propria vita. Sostenere la pazzia dello scegliere non assicura d'esser sempre contenti ma è l'unico modo per vivere una vita piena di senso, è l'unico modo per poter vivere la propria vita.

giovedì 13 febbraio 2014

La società dell'immagine




L'altro giorno a cena in pizzeria ho assistito a questo dialogo tra un ragazzo di 35 anni e uno di 14 anni. Il primo era nell'atteggiamento di chi, avendone passate tante, vuole insegnare qualcosa:

13enne: "io non ci voglio andare al catechismo"
35enne: "perchè?"
13enne: "perchè non credo in Dio"
35enne: "nemmeno io, però, sai, poi magari le persone pensano male di te. Ti fai una cattiva reputazione. Tutti ci vanno e lui non ci va. Sai viviamo in una società cattolica, in cui tutti vanno in chiesa."
13enne: "ma a me non piace. Non ci voglio andare"
35enne: "ma tanto quello che vuoi cambia. che te frega".

Mi ha molto colpito questo dialogo perché il più giovane dei due sembrava avere le idee chiare su ciò che volesse o non volesse. Il 35enne esprime bene, secondo me, l'importanza che si dà all'adattamento alla società, all'adesione a dei modelli, anche quando questi non sono interamente condivisi.
Io credo nelle relazioni umane, ma non credo che per avere dei rapporti sociali la migliore alternativa sia l'adesione a modelli, la partecipazione ad immagini collettive che tranquillizzano ma, secondo me, svuotano. L'immagine che deve avere un 13enne, secondo il 35enne, è quella di essere come gli altri suoi coetanei, magari un po' ribelli ma sempre e comunque inseriti in una cornice sociale  "accettata".
Io credo ad una alternativa più rischiosa per avere rapporti umani ma molto probabilmente più ricca. Io credo che una polarità opposta all'immagine sociale sia il contatto umano. Contatto vuol dire che la pelle di uno tocca la pelle dell'altro. Che due corpi e due si incontrano e si parlano come un io e come un tu. Nel contatto c'è spazio per entrambi. Nell'immagine c'è spazio per un esso e la conseguenza è la messa in scena di copioni già visti.
L'iperadattamento all'immagine porta alla nevrosi, il contatto porta all'intimità.  Il contatto in genere apre a scoperte, forse anche disagio, genera emozioni, scatena il potere creativo del nuovo. Il contatto scotta, l'immagine rassicura. Il contatto apre la possibilità di incontrare se stessi, l'immagine la chiude.


martedì 4 febbraio 2014

Elogio alla Fiducia






Oggi è nata la mia nipotina. Si chiama Beatrice. Io penso che mio fratello e sua moglie abbiano avuto molta fiducia e debbano averla, per forza, ora e nel futuro perché altrimenti non avrebbero avuto il coraggio di mettere al mondo un'altra figlia.
Cos'è la fiducia? é qualcosa che se c'è si vede. Si vede nella possibilità che senti di chiamare un amico, di confidarti con il tuo o la tua partner, di mostrare te disperato in lacrime o terrorizzato come un bambino che trema. La fiducia ha a che fare, per me, un po' con l'abbandonarsi, un po' con lo scommettere e il rischiare e un po', paradossalmente con la possibilità d'essere traditi. Già, se la fiducia in qualcosa o in qualcuno non può essere tradita, probabilmente è una credenza, forse una fede, ma non è fiducia. Fiducia implica il tradimento. Io ho fiducia nella mia compagna, ma contemplo, sebbene non me lo auguri affatto, che lei possa tradirmi andando con un altro o un'altra. Io ho fiducia nei miei amici, ma contemplo che possano smettere di telefonarmi e di volermi bene.
Ma quello che voglio dire è un'altra cosa. Secondo me la fiducia si vede soprattutto negli effetti. Ho notato che se mi fido, le persone cominciano a fidarsi di me e questo crea dei circoli di apertura reciproca, di interesse, di voglia di sapere reciprocamente l'uno dell'altro, di esporsi chiedendo e donando qualcosa di sé (fosse anche un Grazie per la gentilezza, rivolto alla signorina delle poste). Chiaramente c'è chi si approfitta delle aperture per darmi le fregature. L'alternativa sarebbe quella di non fidarmi di nessuno. E' vero, così si riducono al minimo le fregature, ma anche i rapporti, le possibilità di incontro, di scoperta, di vita.
Io ho imparato ad accettare il rischio e scelgo di aprirmi, di rischiare, di parlare con gli sconosciuti, di andare a cena con nobili decaduti, di cambiare strada e perdermi. Prendo un sacco di batoste, è vero ma mi sento pieno, eccitato dalle scoperte, commosso dalle sorprese della vita. Mica dico questo perchè sono un fiducioso di natura. Col cavolo, io per carattere diffidente e paranoico. Ma mi sforzo di non cedere alla paura, semmai d'ascoltarla quando mi suggerisce che qualcosa che non va. In genere mi accorgo dal movimento delle budella che c'è qualche problema: mi suggeriscono che con questa o quella persona è meglio mettere le distanze. Ecco, il punto sta nell'ascoltarsi e non nel farsi guidare dal pre-

giudizio che non ti puoi fidare di nessuno, o anche peggio, ti puoi fidare di tutti. Io scommetto, ma una controllatina al cavallo la do sempre.

Auguro alla piccola Beatrice di avere le condizioni per potersi fidare della vita. So già che ti puoi fidare dei tuoi genitori. Sono bravi abbastanza.